PROCESSO SARAH SCAZZI. UNA CONDANNA SENZA PROVE E SENZA INDIZI.

PROCESSO SARAH SCAZZI. UNA CONDANNA SENZA PROVE E SENZA INDIZI.

Intervista esclusiva al dr Antonio Giangrande. Avetranese che dal 26 agosto 2010 segue fatti ed atti del processo sul delitto di Avetrana noto in tutto il mondo. Atti e fatti che sono la colonna portante dei suoi libri sul caso del delitto di Sarah Scazzi.

Tappiamoci le orecchie per non sentire i legulei interessati in aula di giustizia a Taranto ed i ciarlatani in tv e leggiamo cosa ha da dire chi le carte ed i fatti li conosce.

Dr. Antonio Giangrande cosa le dà la certezza per affermare che la sentenza di primo grado e la sua convalida in appello sia una condanna ingiusta all’ergastolo per le imputate.

«Ho seguito il caso sin dall’inizio e mi sono sforzato nell’estraniarmi dal bombardamento mediatico giustizialista. La mia competenza giuridica e la mia esperienza nei tribunali mi ha indotto ad analizzare fatti ed atti in modo asettico. Sin dall’inizio della vicenda giudiziaria, in tempi non sospetti, ho scritto articoli in cui si profetizzava la condanna a Taranto e l’assoluzione a Roma. Taranto è nota per il suo accanimento giudiziario, vedi anche l’Ilva, ed i magistrati sono molto solidali tra loro».

Non è pericoloso per lei affermare questo?

«Non faccio altro che ribadire quello che molti affermano fuori dal coro, siano essi giornalisti od avvocati».

Quindi lei pensa che le donne siano innocenti?

«Non è questo il punto. La verità storica dei fatti la conoscono i protagonisti. La verità mediatica è quella artefatta dai giornalisti. La verità processuale è quella che viene fuori da un più o meno giusto processo. Io invece verifico se queste verità promanate hanno una logica giuridica. Perché in Italia vige il principio che si debba condannare al di là del ragionevole dubbio. Ed in questo processo dubbi ce ne sono a iosa.

Non c’è ora certa della morte. C’è discordanza sull’ora della morte. Il cordon bleu nello stomaco di Sarah fa pensare che la morte risalga tra le ore 15.30 alle ore 16. L’orario della morte di Sarah Scazzi andrebbe posticipato di un’ora e mezza-due ore. E quindi indicato tra le 15.30-16.00 e non fissato alle 14-14.10, come stabilito dalla Procura. Lo ha affermato al processo per l’omicidio di Sarah Scazzi la biologa Valeria Scazzeri, che ha eseguito una perizia di parte, affidatale dall’avvocato Raffaele Missere, difensore di Cosimo Cosma, in relazione alla durata della digestione delle vittima, prima che venisse uccisa. Cosimo Cosma è nipote di Michele Misseri ed è accusato, insieme allo stesso e al fratello di zio Michele, di soppressione di cadavere. Sarah, il 26 agosto 2010, prima di raggiungere casa della cugina Sabrina Misseri, mangiò nella propria abitazione in tutta fretta un cordon bleu.

Non c’è ora certa dell’arrivo di Sarah dagli zii. Per la difesa nei tabulati telefonici, nel susseguirsi di messaggini, telefonate e squilli tra Sabrina, la cugina, l’amica Mariangela e un’altra ragazza c’è la prova dell’innocenza di Sabrina. Per l’accusa c’è la prova del depistaggio. Quel maledetto 26 agosto 2010 accade quello che era stato messo in programma dalle tre ragazze la sera prima, ossia l’organizzazione della gita al mare. L’atteso messaggio di Mariangela arriva a Sabrina alle 14.23.31: “Il tempo di mettere il costume e vengo”. Sarah non aveva nessun motivo di uscire prima di ricevere quel messaggio e infatti la madre nella denunzia di scomparsa dice che è uscita alle 14,30. Alle 14,24 Sabrina chiede a Mariangela: “Avviso Sarah?”. Mariangela risponde e Sabrina alle 14,25 avverte Sarah che non risponde subito, sia perché non aveva credito, sia perché pensava di raggiungere la cugina; tanto che dopo che Sabrina la sollecita a una risposta (alle 14.28.13), Sarah, alle 14.28.26, invia un semplice squillo, tanto la risposta era ovvia. Quindi alle 14.28.26 Sarah Scazzi era in vita e stava per raggiungere o aveva raggiunto casa Misseri. Misseri ha ammesso che alle 14.30 era in garage e che Sarah é arrivata intorno alle 14.25. La sentenza secondo la difesa supera l’interpretazione più ovvia dei fatti e sostiene che Sarah fosse stata già uccisa nel momento in cui parte lo squillo dal suo telefonino e afferma che esso sarebbe stato lanciato da Sabrina, la quale dopo l’uccisione della cugina avrebbe inscenato uno scambio di messaggi in base al quale precostituisti un alibi per poter sostenere che mentre era ancora in casa a prepararsi, alle 14.28.26, Sarah era in vita e non poteva che essere stata uccisa dal padre che in quel momento si trovava nel garage di casa. Secondo la sentenza Sarah non sarebbe uscita dopo aver ricevuto il messaggio di Sabrina ma molto tempo prima e precisamente tra le 13,45 e le 13,50. L’orario è fondamentale per poter procedere a una ricostruzione dei fatti che vede Sabrina e Cosima colpevoli. Ma perchè la ragazzina sarebbe dovuta uscire prima dicendo una bugia quando non ne aveva alcun bisogno? Oltre al fatto che Sarah esce dicendo alla madre che ha ricevuto il messaggino della cugina e quel messaggino c’è ed è delle 14,25.

Appena ricevuta la conferma di Sarah Sabrina inizia i preparativi va in bagno e alle 14.28.40 manda a Mariangela il messaggio “sto tentando in bagno” con uno smile.

Alle 14.31.44 Angela Cimino le manda un messaggio al quale risponde 4 minuti dopo (proprio perché era in bagno), alle 14.35.47. Finito di prepararsi alle 14,39 Sabrina invia a Mariangela un sms: “pronta” ed esce di casa. Una serie di messaggi che, per sequenza e contenuto sono coerenti con il programma fatto dalle ragazze la sera prima.

Sabrina non trova Sarah ad aspettarla come sarebbe stato logico e per questo quando arriva Mariangela è preoccupata. Sono le 14.42 e Sabrina prova a chiamare Sarah. E’ questo il momento in cui secondo le dichiarazioni di Michele Misseri, da lui rese il 28 settembre 2010, esce dal garage e viene notato dalla figlia che gli chiede notizie di Sarah. «Sarah arrivò a casa degli zii alle 14,25, 14,30», ha spiegato Coppi, «Lo dicono diversi testimoni e anche il papà di Sarah, Giacomo Scazzi quando Sabrina, intorno alle 14,45, andò a chiedergli se la figlia fosse ancora lì, il giorno della scomparsa, e lui rispose: è appena uscita. In questa vicenda si è giocato con gli orologi e gli orari».

Non c’è luogo certo della morte. Non si conosce il luogo della morte se in casa, in cantina o in altri luoghi.

Non c’è luogo certo ove fossero gli imputati nel momento del delitto. Le analisi sui tabulati e le celle telefoniche non sono chiare e certe.

Non c’è arma certa del delitto. Si parla di corde, ma anche di cinture dei pantaloni, come quelle dello zainetto di Sarah, che però non corrisponde con i segni sul collo della piccina.

Non c’è movente certo del delitto. Si parla di gelosia, ma anche di invidia, di uno scatto d’ira e di altri possibili moventi.

Non c’è un responsabile certo del delitto. C’è un reo confesso non creduto, ci sono due imputate che si dichiarano innocenti. E’ stato Michele? E’ stata Sabrina? E’ stata Cosima? E’ stato uno di loro o tutti insieme o insieme con un altro?

Non c’è solidarietà dei familiari con la famiglia della vittima. Le sorelle ed i fratelli di Concetta Serrano Spagnolo Scazzi, madre di Sarah, solidarizzano con la sorella Cosima, ma non con Concetta. Concetta Serrano, rivela a “segreti e Delitti” del 24 luglio 2015 condotto da Gianluigi Nuzzi su Canale 5 (promozione in prima serata di Quarto Grado di Rete 4): «Sono in tensione per la sentenza anche perché non si sa quando uscirà. Siamo tutti in attesa dell’esito. Per Sabrina e Cosima provo tanta rabbia e dolore. Rabbia perché mi chiedo cosa sia successo quel giorno e perché. Dolore perché continuano a nascondere la verità, continuano a fingere questa loro innocenza anche se ormai si sa bene che sono state loro due». È perentoria Concetta Serrano nel suo intervento in diretta a “Segreti e delitti” su Canale 5. La madre di Sarah Scazzi, intervistata da Gianluigi Nuzzi, racconta così le ore di attesa che separano lei e i suoi familiari dalla sentenza del processo d’Appello per il delitto di Avetrana. «Quel giorno fatale in cui è morta Sarah, è sempre fisso nella mia mente. Ricordo quando Sabrina ha detto “Sarah non è venuta a casa nostra”. Non pensavo che loro mi mentissero, ma nei loro comportamenti e parole sentivo qualcosa di strano». «Quando Sabrina veniva a casa nostra, però dava l’impressione di una cugina che ci teneva, per questo non immaginavo c’entrasse in quello che è accaduto a Sarah», prosegue la donna. «Non ho mai avvertito gelosia né invidia da parte di Sabrina. Al contempo, non ho mai creduto alle confessioni di Michele. Conoscendolo non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Sarah non aveva nessuna relazione con lui perché stava con sempre con Sabrina. In passato ha detto che sarebbe venuto da me per chiedermi perdono, ma non l’ho mai visto». E conclude: «Se Sabrina e Cosima non hanno confessato fino adesso, credo che non confesseranno più». Ma una domanda scabrosa è posta da studio: “perché i suoi familiari l’hanno abbandonata e preso le parti di sua sorella Cosima?”. La risposta potrebbe anche essere che forse i familiari sono certi della innocenza di Cosima, come sono certi del fatto che qualcuno, tra i parenti od i loro avvocati od amici, cavalchi la notorietà o si speculi sulla morte di una bambina?

Non ci sono testimoni certi dei fatti. Le imputate sono state condannate per colpa di Michele Misseri, Giovanni Buccolieri ed Anna Pisanò. Michele Misseri, a suo dire, ha accusato la figlia Sabrina tratto in inganno dalla Bruzzone e da Galoppa, sua consulente ed avvocato. Giovanni Buccolieri ha accusato Sabrina e Cosima per mezzo di un sogno e messo in mezzo da Anna Pisanò, ed a suo dire, usato artatamente dai carabinieri, tanto è vero che i testimoni che ne confutavano la versione del sogno sono stati assolti, mentre lui è stato tenuto debitamente fuori dal processo, pur non essendo stato ancora condannato in altri processi per falsa testimonianza. Anna Pisanò, nota pettegola e bugiarda a detta di Sabrina Misseri, ha indicato responsabili, tempi e movente, ma è stata sbugiardata proprio da sua figlia Vanessa Cerra. 

Michele Misseri. Le sette diverse versioni fornite da Michele Misseri in relazione all’omicidio della nipote quindicenne, Sarah Scazzi, sono «tra di loro incompatibili e sovente contrapposte» e ciascuna «porta con sè una totale o parziale, ma sempre significativa, quota di ritrattazione e, con essa, un grave segnale di inattendibilità». Questo uno dei passaggi delle motivazioni, depositate giovedì, in base alle quali la Cassazione ha annullato martedì 17 maggio 2011, con un rinvio, una delle ordinanze di carcerazione di Sabrina Misseri ordinando al Tribunale del Riesame di Taranto di rivalutare tutto il materiale indiziario e di rispondere a tutte le obiezioni della difesa di Sabrina. I supremi giudici con la sentenza bacchettano i giudici che hanno confermato la custodia in carcere di Sabrina. Non sostengono l’estraneità della ragazza all’omicidio di Sarah, ma criticano aspramente la circostanza di aver dato retta al racconto di Michele Misseri senza «alcuna verifica dei comportamenti da lui effettivamente tenuti» e soltanto riscontrando il suo racconto con le sue stesse dichiarazioni, mentre il procedimento di verifica deve essere «compiuto dall’esterno». La Suprema Corte, inoltre, accogliendo le obiezioni sollevate dalla difesa di Sabrina sui metodi usati dai magistrati nell’interrogatorio di Michele Misseri, rilevano che non è stato tenuto nel debito conto la «suggestionabilità» dell’uomo, il quale, ricorda la Cassazione, aveva già ricevuto dal gip il richiamo «a non mentire». Per la Cassazione nei confronti di Sabrina Misseri, i giudici del Tribunale del Riesame hanno sbagliato a scegliere sempre criteri di giudizio «a discapito dell’imputata» soprattutto quando c’era il «dubbio sul significato della prova». In proposito la Cassazione – nelle motivazioni con le quali ha ordinato al Tribunale del Riesame di rivalutare gli elementi indiziari a carico di Sabrina Misseri – sottolinea che «in materia di libertà personale se due ipotesi sono egualmente sostenibili, se due significati possono parimenti essere attribuiti a un dato deve privilegiarsi quello più favorevole all’imputato, che può essere accantonato solo ove risulti inconciliabile con altri univoci elementi di segno opposto». Il colpo di scena, in quest’udienza, lo si deve però proprio a Misseri, che in aula ha reso delle dichiarazioni spontanee per accusarsi del delitto, scagionando la moglie e la figlia. Michele Misseri ha spiegato al gup che la sua confessione davanti al gip Martino Rosati il 15 ottobre 2010, in cui accusava le due donne di aver preso parte al delitto, era stata volutamente falsata, sotto consiglio del suo ex avvocato difensore, Daniele Galoppa, e della criminologa Roberta Bruzzone, consulente della difesa di Michele nell’autunno 2010. I due, secondo Misseri, lo avrebbero «indotto, durante un colloquio a dare una versione diversa, perché così facendo avrebbe dimostrato che si era trattato di un incidente e quindi lui e la figlia se la sarebbero cavata con pene irrisorie».

L’assoluzione delle imputate Sabrina Misseri e Cosima Serrano, avrebbe avvalorato la versione di Michele e messo nei guai la bionda consulente ed in imbarazzo i programmi in cui questa svolge le comparsate, l’avvocato che rilascia interviste su quei programmi ed i magistrati che li sostengono.

E comunque è da censurare il fatto comunque siano andate le cose: sia che per salvarsi si accusi la figlia; sia che ci si faccia abbindolare facilmente.

Giovanni Buccolieri.Naturalmente parlo dei parenti di Giovanni Buccolieri che in corte d’assise non hanno ceduto alle spallate dell’accusa e insistito nel dire che in famiglia si era sempre parlato di un sogno e non di un fatto realmente accaduto. A questo proposito bisognerebbe che almeno l’attuale pubblica accusa, ma dovrebbero farlo anche tutti gli italiani, si chiedesse il motivo per cui quelle persone continuino, come il fiorista non imputato in questo processo, a perseverare con una versione che per loro comporta solo notevoli spese legali. Per quale motivo i parenti del fiorista, come il fiorista stesso, se sanno di mentire continuano ad insistere su una versione che li ha visti condannati? L’unica risposta plausibile e che non stanno affatto mentendo, che davvero alla famiglia (ma anche agli amici) Giovanni Buccolieri ha sempre parlato di un sogno. Apro una parentesi per informarvi del fatto che solo il sei giugno 2015 si sono chiuse le indagini sul sogno del fiorista. Ai Pm ci sono voluti tre anni per capire se Buccolieri mentiva o meno, un’eternità per un fatto del genere che non necessitava di perizie tecniche. Un’eternità investigativa se paragonata ai nove mesi bastati per chiudere le indagini sulla morte di Sarah. Ma in fondo, a chi non soffre di pregiudizio è chiaro il motivo per cui la procura non abbia portato ancora a processo il fiorista. Se un giudice avesse già giudicato Giovanni Buccolieri, magari dichiarandolo innocente perché davvero spinto a firmare un verbale che non conteneva la verità, come poteva esistere un processo d’appello basato solo su quel sogno trasformato in realtà? E questa è la contraddizione delle contraddizioni. Un processo minore che dovrebbe essere celebrato prima per capire se il maggiore ha motivo di esistere, visto che il minore funge da stampella che sorregge l’accusa nel maggiore, forse non sarà neppure celebrato perché si porterà avanti sino alla prescrizione, ormai sicura data la durata delle indagini, per fare in modo che non incida in alcun modo nel processo maggiore. Potrebbe capitare, quindi, che le Misseri vengano condannate definitivamente senza che la giustizia ci dica se Giovanni Buccolieri ha sognato oppure visto realmente. E data questa grave incongruità, fa strano che nella prima udienza d’appello le contraddizioni le abbia trovate chi sostiene l’accusa, il sostituto procuratore Antonella Montanaro.

Franco Coppi: Il fioraio Giovanni Buccolieri non è credibile. Tutti i testimoni sentiti parlano di un sogno. Anche Vanessa Cerra, figlia di Anna Pisanò e presunta amante del fioraio, ha detto che l’episodio del rapimento era un sogno a lei raccontato dal suo datore di lavoro.

E comunque è da censurare il fatto comunque siano andate le cose: sia che si siano divulgati fatti comparsi in sogno; sia che si ritratti fatti che non siano frutto di un sogno.

Anna Pisanò. La Cassazione spiega il perchè dell’annullamento con rinvio, per nuovo esame, dell’ordinanza di conferma della carcerazione di Sabrina Misseri, emessa dal Tribunale del riesame. E lo fa bacchettando i giudici del Tribunale che hanno confermato l’arresto di Sabrina, perchè hanno dato retta al racconto di Michele Misseri senza alcuna verifica dei comportamenti da lui effettivamente tenuti. Le sette versioni differenti fornite da Michele Misseri “tra di loro incompatibili e contrapposte” sono la dimostrazione – secondo la Cassazione – dell’ “inattendibilità” del padre di Sabrina. Inoltre, secondo la Cassazione è necessario approfondire le dichiarazioni dell’amica di Sabrina, Anna Pisanò, la retrodatazione dell’orario del delitto, il movente sessuale che potrebbe aver spinto Michele Misseri all’omicidio della 15enne e quello della gelosia per Ivano Russo. I supremi giudici, infatti, non ritengono che Russo sia stato l’elemento scatenante dell’omicidio di Sarah ad opera di Sabrina. La Cassazione ordina quindi al Tribunale del Riesame di Taranto di procedere ad un nuovo esame della vicenda.

A questo punto L’avv. Nicola Marseglia, l’avvocato del foro di Taranto difensore di Sabrina Misseri, smonta pezzo pezzo alcuni di questi testi tra cui quelli principali come Anna Pisanò che raccontò di aver visto Sarah imbronciata a casa Misseri, la mattina del 26 agosto, e Mariangela Spagnoletti che, nel pomeriggio, arrivò in via Deledda e dichiarò di aver visto già fuori da casa Sabrina. La Pisanò, dice il difensore della giovane imputata, stranamente è in mezzo a diversi episodi di questa inchiesta. Anna Pisanò la definisce il prodotto esemplare di questo l processo mediatico. La Spagnoletti è pure una teste centrale e cambia tre volte versione, nella prima non fornisce neppure elementi «trascendentali» per le indagini. Tra i testimoni dell’accusa nei cui confronti Franco Coppi ha puntato l’indice accusatorio c’è Anna Pisanò, amica di Sabrina, definita “troppo precisa”, ma anche “personaggio perfido”. “Anna Pisanò – dice Coppi – è attratta dalle interviste.»

 

Di Antonio Giangrande

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PROCESSO SARAH SCAZZI. UNA CONDANNA SENZA PROVE E SENZA INDIZI.ultima modifica: 2015-07-29T15:32:17+02:00da rassegna-stampa
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